sabato 25 aprile 2015

Ghiaccio-Nove (Cat's Cradle, 1963), di Kurt Vonnegut


Ho letto solo di recente questo romanzo. Il primo pensiero che mi è passato per la mente è: Come ho potuto interessarmi alla fantascienza per tutto questo tempo ignorando questo libro? Il secondo: come diavolo ho preteso di mettermi scrivere senza conoscere l’opera di Vonnegut?

Sono domande che rivelano, lo ammetto, una certa spocchia intellettuale. Ci sono tantissime cose che non ho mai letto, e altrettante che non leggerò mai, che probabilmente mi farebbero sentire allo stesso modo. La letteratura è semplicemente un campo troppo vasto perché chiunque possa esserne padrone.

La mia immagine della letteratura, in particolare, è quella di un cielo stellato. A volte ci spazio a occhio nudo, affascinato dalla molteplicità delle costellazioni. Altre volte, rapito da un singolo disegno, lo osservo al cannocchiale fino a che non mi impadronisco di ogni singola stella che lo compone. C’è anche qualche stella isolata, ben visibile certo, ma si trova in un settore del cielo quasi sgombro, mentre io ero intento a classificare costellazioni, e l’occhio non ci si è mai soffermato. Vonnegut fa parte di questa categoria. Per questo motivo mi sono poi autoassolto da quei primi pensieri accusatori.

Cercherò comunque di tenere a mente (a volte tendo a dimenticarlo), che ciò che so, e che potrò mai sapere di letteratura, sono solo briciole del tutto. Come ho già detto, il campo, già vasto di per sé, si è accresciuto in modo esponenziale negli ultimi vent’anni. E come è già accaduto in passato, molte opere di gran successo verranno dimenticate e altrettante che ora passano nel silenzio più totale diverranno, in un futuro più o meno lontano, i classici della nostra epoca.

Kurt Vonnegut innanzitutto è stato scrittore di fantascienza per una breve fase della sua carriera, distaccandosi lentamente dal genere per approdare a una sua, molto personale, visione della letteratura. Alla fantascienza ha donato alcuni splendidi romanzi. Il primo, Piano meccanico (Player Piano, 1952) è un utopia negativa in cui gli individui, pur vivendo in una società ricca e non necessitando di lavorare per vivere, sono frustrati dal mancato impiego delle proprie capacità. Le sirene di Titano (The Sirens of Titan, 1959) racconta di un potente uomo d’affari che viene suo malgrado coinvolto nel tentativo di creare una super religione adatta ai nuovi tempi. A coinvolgerlo è un suo ex rivale, passato a uno stadio superiore dell’esistenza che lo pone al di sopra del tempo. In realtà anche lui, come tutta l’umanità, è stato manovrato per uno scopo più “alto”.

Ghiaccio-nove(Cat's Cradle, 1963) è il terzo romanzo fantascientifico di Vonnegut, l’ultimo, e anche il migliore dei tre (questo anche a detta dello stesso autore, che lo considera il suo miglior lavoro assieme a Mattatoio-5). Nei primi due, in effetti, Vonnegut appare come un leone in gabbia. Entrambi prendono il via con una satira feroce nei confronti del sistema, ma anche dei singoli individui. In entrambi a un certo punto si nota che la scrittura, ingabbiata nella trama, finisce per lasciarsene condizionare perdendo gran parte della sua carica caustica. Ciò non avviene in Ghiaccio-nove, in cui Vonnegut, molto maturato, anziché veicolare la sua espressione a un genere di trama rigida si è rivelata limitante per il suo stile narrativo, effettua l’operazione contraria. La trama, cioè, finisce per diventare un filo sottile il cui scopo è solo offrire una traccia per le considerazioni e la satira dell’autore.

Si tratta di un’opera il cui unico elemento fantascientifico, il ghiaccio-nove che da il titolo italiano al romanzo, non ha un ruolo preponderante. A livello tematico si potrebbe dire che si tratta di un puro espediente e anche nella trama rimane uno dei tanti elementi secondari e trova il suo “momento di gloria” solo negli ultimi capitoli.


La storia è quella di uno scrittore indipendente che raccoglie materiale per un suo libro sulla bomba atomica. Questo libro vuole cogliere gli aspetti emotivi del giorno in cui venne lanciata. A questo scopo il protagonista contatta i figli di Hoenniker, uno dei padri della bomba, e tutti i colleghi con cui ha l’opportunità di parlare. Il maggiore degli Hoenniker, dato per morto, ricompare improvvisamente a San Lorenzo, una minuscola repubblica delle banane, e il protagonista decide di andare a intervistarlo. Lì a San Lorenzo, troverà la sua religione e il mondo, tramite proprio il ghiaccio-nove, il suo destino. L’ambientazione, come ho già scritto, non è fantascientifica, ma rispecchia abbastanza fedelmente il nostro mondo nei primi anni sessanta.


Finora ho parlato di “satira” riferendomi a Vonnegut, non sono però così certo che questo termine valga a rendere l’intento della sua scrittura. Vonnegut usa raramente l’ironia, che è generalmente una delle armi migliori per chi faccia satira. Piuttosto spande il sarcasmo a piene mani, e cinismo, e nichilismo. Uno degli scopi della satira (a quel che mi risulta) dovrebbe essere divertire chi ne fruisce, oltre che prendere in giro chi la subisce. In Vonnegut è senz’altro presente un certo divertimento intellettuale, ma scordatevi che Ghiaccio-nove vi offra qualche sorriso.


La scrittura è amara, disillusa verso tutti e tutto, tutto e tutti sono oggetto, in un modo o nell’altro, della satira di Vonnegut. Non esistono personaggi positivi, non esiste niente di buono al mondo, dobbiamo metterci in testa di vivere delle vite superflue in un mondo inutile.


Questo modo di guardare il mondo da parte dell’autore, diventa quasi claustrofobico nel corso del romanzo, in cui il lettore cerca disperatamente un personaggio a cui appigliarsi ma si ritrova in mano solo un finale tanto stupido quanto catastrofico. Questa visione tetra, è stemperata solo da un certo gusto dell’autore per il gioco, che in questo caso si manifesta in colpi di scena del tutto implausibili, oltre che con qualche riferimento all’interno della narrazione. È come se ogni tanto Vonnegut strizzasse l’occhio dicendo; Ok, viviamo in un mondo orribile, circondati da una pessima compagnia; almeno cerca di passare qualche ora di pace con questa lettura.


In questo romanzo, come in Le Sirene di Titano, è presente una notevole componente religiosa. Le religioni proposte sono peraltro abbastanza simili tra esse. In Le Sirene di Titano, si tratta della Chiesa di Dio Indifferente, il cui fondatore asserisce alla maniera di Epicuro che Dio non bada a noi e noi non dobbiamo badare a lui. In Ghiaccio-nove, è il Bokononismo, tra le cui premesse figura l’affermazione che ogni religione è un imbroglio, compreso il Bokononismo stesso. Partendo da queste basi, ci si potrebbe chiedere perché Vonnegut dedichi tanto spazio a delle religioni che sono poco più che barzellette nichiliste.


A mio avviso, visto che come ho già spiegato Vonnegut non salva niente e nessuno, si tratta di una specie di paradosso: le religioni sono un imbroglio, però è possibile che nonostante ciò esse rechino un effettivo conforto a qualcuno. In ciò hanno la loro ragione di esistere. D’altro canto solo una mente semplice può avere accesso a questo genere di conforto/imbroglio, senza riceverne comunque niente di realmente positivo, e quello dell’autore potrebbe essere in parte un avvertimento: guardatevi dalle religioni anche se apparentemente possono sembrare moderne e adattate al nostro mondo. La questione, comunque, è tutt’altro che semplice da analizzare e necessiterebbe ben altri spazi.


Allo stesso modo è difficile comprendere a fondo i riferimenti e i simboli che compaiono con costanza i tutti i romanzi di Vonnegut. Per farvi un esempio tra i più semplici; non trovate curioso che in un romanzo ambientato durante la guerra “fredda”, la minaccia segreta sia rappresentata dal “ghiaccio”-nove? Possibile trovare altri parallelismi tra il ghiaccio-nove e la guerra fredda? Modalità, tempistiche storiche etc… Provateci e mi direte.


Ma mi accorgo, rileggendo, di avere parlato di Ghiaccio-nove, senza però darvi un motivo chiaro per cui leggerlo. Eccolo dunque, e più d’uno. Leggete Ghiaccio-nove perché è la prima opera in cui Vonnegut si rende pienamente conto delle proprie (geniali) capacità e dei propri limiti. Con questo romanzo, e quelli successivi, Vonnegut abbandona le strade trafficate per tracciare il suo cammino personale nella letteratura. Leggete Ghiaccio-nove perché i grandi autori sono tali in quanto capaci di trasportarci nel loro mondo, di regalarci il loro modo di vedere, e Vonnegut, una volta entrati nella sua mente (o una volta permessogli di entrare nella vostra; punti di vista) è un tizio di cui è davvero difficile liberarsi.


Leggete Ghiaccio-nove, ma ricordate sempre quando è stato scritto; in esso si respirano post-modernità, pop-art, una concezione generale del mondo e dell’arte che vi renderanno difficile tenere a mente che ci viene da un passato lontano ormai più di sessant’anni.

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta come più ti aggrada, ma rispetta i limiti della civiltà :)